La facciata in pietra naturale dell’edificio D, sospesa e ventilata, avrà lo stesso aspetto di quella degli edifici realizzati nella prima fase. Anche qui la caratteristica più visibile è la pietra calcarea chiara, ma la facciata ha un’altra struttura. Considerazioni su un importante elemento di design nello spazio pubblico, nonché su soluzioni intelligenti di pianificazione e progettazione per una maggiore efficienza e qualità.
La prima impressione di un edificio è data dalla sua facciata. Essa lo rende inconfondibile, così come ogni persona ha un volto individuale che la caratterizza. Il riferimento alla parola latina «facies», che può essere tradotta come aspetto esteriore o volto, è quindi del tutto appropriato. L’involucro dell’edificio viene spesso paragonato a una pelle che protegge e regola vari parametri. Michael Stedtler parla di vestito. Il progettista di facciate dice: «io la casa la vesto». E lo fa in modo tale che questo abito tecnico soddisfi la visione dell’architetto in termini di aspetto e funzione.
La facciata caratterizza un edificio non solo esteticamente. I compiti dell’involucro edilizio sono molteplici: è destinato a proteggere dal caldo e dal freddo, dall’umidità e dal vento, oltre a regolare la quantità di luce solare che entra nell’edificio e la vista all’interno o all’esterno attraverso le finestre. Nell’edificio D la ripresa dei carichi e la chiusura degli ambienti verso l’esterno sono separate. La struttura a scheletro in calcestruzzo è portante e in grado di distribuire i carichi. Le finestre e la facciata sono come una veste che protegge e decora tutto il corpo dell’edificio.
A prima vista, in cantiere le finezze strutturali e le sfide poste dalla facciata in elementi si notano poco. Apparentemente senza alcuna fatica i montatori installano le ampie finestre tra i montanti e applicano le guarnizioni. Procedendo piano per piano, fissano la sottostruttura sulla quale in seguito saranno montati gli elementi termoisolanti e 4500 lastre in pietra naturale. Il processo si basa sullo schema pianificato e sui singoli moduli di facciata. Alla fine saranno stati ricoperti più di 7000 metri quadrati di facciata. I movimenti delle mani sono routinari come quelli degli operai su una linea di assemblaggio di auto altamente tecnologizzata; ogni passaggio è efficiente e ottimizzato per questo specifico progetto.
«Questa facciata fa parte di un insieme», dice Andrew Hall. L’architetto si trova davanti all’ufficio di cantiere, con l’edificio A della prima fase alla sua sinistra e l’edificio D alla sua destra. «Abbiamo utilizzato la stessa pietra della prima fase per ottenere un aspetto uniforme, un certo ordine e tranquillità nell’intera area del centro amministrativo». La pietra naturale è un materiale da costruzione collaudato. La «pietra calcarea del Giura» levigata non era una scelta ovvia fin dall’inizio, anche se il paesaggio urbano di Berna è caratterizzato da facciate in pietra. Una delle prime idee, per via del peso e dei costi, fu quella di realizzare la facciata in calcestruzzo fibrorinforzato. Però tale materiale non si sarebbe integrato bene nell’ambiente urbano.
Soprattutto quando sta nascendo un nuovo insieme di edifici. «Il calcestruzzo fibrorinforzato era asettico. La pietra naturale dà invece vivacità, rappresenta la perfezione dell’imperfezione», spiega Hall. Con uno spessore di 40 millimetri e un peso di circa 40 chili, le singole lastre appoggiate sul ponteggio da carico di classe 6, ideale per stoccare così tante pietre, attendono di essere montate. Nelle lastre sono inglobati crostacei e ammoniti, pietre e sabbia.
L’uomo raccoglie e utilizza per costruire ciò che la natura ha plasmato. Il materiale naturale proviene da una cava di Dietfurt (Germania meridionale). Nella spessa formazione calcarea del Giura francone meridionale si trovano circa 40 strati di roccia di diverse ere geologiche. Le pietre usate per gli edifici in Guisanplatz sono state estratte dallo strato 17. Formatosi nel Giurassico bianco circa 150 milioni di anni fa, il materiale è oggi noto come pietra calcarea di Dietfurt (trovate un servizio fotografico sulla cava a partire da pagina 5).
Nessun nuovo materiale, ma in compenso una nuova funzione. «Abbiamo analizzato ciò che abbiamo fatto nella prima fase e ciò che avremmo potuto fare meglio», racconta Andrew Hall. Nella facciata sono ora integrate a ogni piano delle logge sulle quali i dipendenti possono fare pausa. Questi balconi, delimitati da una ringhiera a montanti verticali, non sono immediatamente visibili. «Ma se ci si prende il tempo necessario, ci sono sorprese e dettagli che aggiungono profondità alla facciata», spiega Andrew Hall. Anche per la sottostruttura si è trovata una soluzione migliore di quella precedente.
Michael Stedtler ha definito aspetti tecnici come lo spessore isolante, la flessibilità per futuri adattamenti e la sicurezza del fissaggio. Il costruttore di carpenteria metallica lavora come progettista di facciate per la Prometplan AG con sede a Brügg e vanta 50 anni di esperienza professionale. Nel progettare la facciata è importante, tra l’altro, che la sottostruttura sia corretta, vale a dire che sia capace di sopportare il peso delle lastre e assorbire la naturale dilatazione termica del metallo, del vetro e della pietra. Tuttavia, in progetti talmente complessi anche la conoscenza empirica raggiunge i suoi limiti. «La facciata è sempre un esemplare unico, perché viene sviluppata per l’edificio specifico», spiega. «Quando l’architetto dice «la voglio proprio così» e io rispondo «non è possibile», allora la cosa si fa interessante! Perché è allora che iniziamo a progettare insieme. Le successive attività di realizzazione e controllo non sono che un lavoro indefesso».
L’edificio D presenta tre caratteristiche progettuali particolari: nella facciata dovevano essere integrate delle logge, per la sospensione delle lastre prescritta dal fornitore della pietra dovevano essere previsti elementi di fissaggio a perno con possibilità di dilatazione e rotazione, e i 700 metri quadrati di lucernario necessitavano di una grondaia in grado di scaricare correttamente l’acqua piovana su tutta la lunghezza dell’edificio.
Attualmente Michael Stedtler si reca periodicamente in cantiere. La pianificazione, il capitolato d’appalto e gli elaborati per l’autorizzazione hanno preso forma nel corso degli ultimi quattro anni. Ora controlla l’operato dei costruttori di facciate per conto della direzione dei lavori, dando così un contributo indipendente alla garanzia della qualità durante l’esecuzione dei lavori.
Sull’impalcatura, all’altezza del secondo piano fuori terra, davanti a una finestra si trova Simon von Sonnenberg, 31 anni, con indosso un giubbotto di sicurezza giallo. Sul volto il sorriso soddisfatto di uno che si cimenta volentieri in un’impresa e al quale in questo progetto è stato consentito di essere innovativo per risolvere i dettagli più complicati. Von Sonnenberg lavora presso la Fahrni AG, azienda specializzata in facciate, come capo progetto responsabile dello sviluppo del sistema di finestre, della produzione e dell’installazione della sottostruttura e delle ampie vetrate soprastanti l’atrio. «Nell’edificio D abbiamo fatto molte cose in modo diverso rispetto alla prima fase. La facciata è complessa e volevamo combinare in maniera ideale fisica della costruzione, statica, estetica ed economicità», spiega, guardando in basso sul piazzale davanti all’ufficio di cantiere e indicando una rastrelliera di trasporto impilabile che non era mai esistita prima. I grandi elementi vetrati sono prefabbricati a Lyss.
Senza la nuova rastrelliera si sarebbero dovuti cellofanare e stoccare temporaneamente in un’area all’aperto. Le nuove rastrelliere sono impilabili e funzionano come un magazzino a scaffalature verticali all’interno di un capannone di produzione della Fahrni. Si può fare a meno della cellofanatura. A tale scopo von Sonnenberg ha sviluppato un carrello di trasporto per la logistica dei componenti in cantiere e ha riattrezzato la macchina per poter movimentare più rapidamente le finestre. «Nella fase preliminare mi sono reso conto che la logistica del cantiere andava ripensata per utilizzare in modo più efficiente l’area di stoccaggio, ridurre il numero di viaggi dei camion in cantiere e facilitare l’installazione delle finestre in loco».
Simon von Sonnenberg è metalcostruttore qualificato AFC, costruttore di carpenteria metallica e tecnico SSS in carpenteria metallica. Conosce a menadi to il materiale con cui lavora e non solo si diverte a otte a ote la logistica, ma anche i moduli di facciata e le tecniche di unione. Prendiamo ad esempio le finestre: sembrano quelle della prima fase, ma sono assemblate in modo completamente diverso. «Abbiamo ridisegnato ex novla finestra», spiega. I profilati in alluminio estruso per le finestre sono forniti da terzi. I profili, lunghi 6-8 metri, vengono tagliatisu misura presso la Fahrni e assemblati in-house lungo quattro linee di produzione di finestre – uno sviluppo interno della Fahrni AG. Per la verniciatura a polvere è impiegata la nuova tecnologia «Effectives» della ditta IGP Powder Coatings, che consente di recuperare la polvere in eccesso dopo il processo di verniciatura. Si risparmia il 30 per cento di materiale, il che per l’edificio D corrisponde a un’area di circa 1000 metri quadrati.
Il nuovo metodo di costruzione rende il processo meno dispendioso in termini di materiali e più sicuro; inoltre le finestre hanno migliori proprietà di tenuta e sono meno soggette a difetti. «Quando progettiamo un elemento complicato, c’è un alto rischio che non funzioni come vogliamo», spiega Simon von Sonnenberg. «Siamo riusciti ad aumentare la sicurezza di processo e a migliorare la tenuta dell’elemento di facciata».
In altre parole, Simon von Sonnenberg ha ottimizzato al massimo il processo attraverso il massimo grado di prefabbricazione. Oltre alle finestre, la facciata comprende la relativa sottostruttura, le tende oscuranti e le lastre in pietra. La sottostruttura in acciaio zincato viene incastrata nei solai in calcestruzzo e non richiede l’uso di viti. A essa sono agganciati gli elementi isolanti, nei quali sono a loro volta inserite le lastre in pietra. «Siamo riusciti a realizzare il maggior numero possibile di giunzioni mediante accoppiamento geometrico, cioè senza utilizzare tecniche di unione come l’avvitatura, la saldatura o la tassellatura», racconta von Sonnenberg. «L’accoppiamento geometrico è piuttosto raro, perché è dispendioso. Tuttavia, rende il nostro lavoro più facile, più sicuro e ci fa risparmiare materiale».
Con questo sistema installare le finestre richiede appena un minuto e mezzo. Basta avvitarle nell’angolo in basso a sinistra. In alto a destra sono montate con un supporto libero mobile, in modo da compensare le vibrazioni e le tensioni naturali del materiale. L’isolante tra il telaio e la parete è pretagliato e non richiede manodopera specializzata per l’installazione. I profili della sottostruttura sono ora spessi soltanto tre millimetri invece di quattro, il che corrisponde a un risparmio di materiale del 25 per cento, senza perdere in sicurezza. Alla sottostruttura sono ancorati gli elementi isolanti e le lastre in pietra. Le giunzioni tra le varie lastre vengono stuccate e quindi sabbiate con una miscela di acqua di osmosi e acqua di rete, che pulisce le lastre conferendo alla facciata un aspetto uniforme. Infine vengono installate le tende oscuranti prodotte da Warema – anche in questo caso con un meccanismo a scatto.
Nel periodo compreso tra gennaio e ottobre 2024 saranno state movimentate 1200 finestre, almeno 5000 elementi di facciata. Controllare la qualità del lavoro svolto dal costruttore di facciate rientra nella sfera di competenza di Michael Stedtler e di Peter Siegenthaler. Quest’ultimo, direttore dei lavori alle dipendenze del pianificatore generale Aebi & Vincent, esegue controlli a campione e verifica i verbali di accettazione del costruttore di facciate. Ma soprattutto è impegnato in attività di programmazione e coordinamento. A causa delle condizioni meteorologiche, i lavori di facciata sono impegnativi e un fattore di qualità. «Quando piove o fa troppo caldo non possiamo eseguire taluni lavori, e quando qualcuno è costretto ad aspettare lievitano i costi», spiega Peter Siegenthaler. L’economicità inizia quindi con un’occhiata quotidiana nell’app meteo. «L’involucro edilizio è impegnativo perché ci sono così tante interdipendenze da considerare», afferma. Ogni appaltatore pensa per sé: il costruttore di facciate installa la sottostruttura, i montatori del fornitore di materiali lapidei posano in opera le lastre, il costruttore di tetti piani provvede all’impermeabilizzazione. Ma la verità è che tutto ciò che riguarda il tetto piano influisce anche sulla facciata e viceversa.
Il compito principale di Siegenthaler è quello di chiedersi ogni giorno: chi fa cosa e quando? Ci vogliono soprattutto esperienza e lungimiranza per coordinare tra loro fattori come il tempo, le condizioni meteo e le procedure operative. Siegenthaler lavora nell’ufficio di cantiere. Dalla sua finestra vede l’avanzamento quotidiano dei lavori e può chiarire i dettagli in modo rapido e semplice. Le riunioni settimanali di cantiere sono uno strumento importante nei processi di coordinamento. Ogni martedì pomeriggio Andrew Hall, Michael Stedtler, Simon von Sonnenberg, Kurt Stapfer del costruttore di tetti piani Durrer e Peter Siegenthaler si riuniscono per discutere delle procedure congiunte. Questo include aspetti apparentemente insignificanti come il fatto che nelle giornate torride determinati lavori di impermeabilizzazione possono essere eseguiti solo tra le 7 e le 11 circa. La guaina catramata può essere saldata anche con alte temperature, ma questo rende il lavoro quasi insopportabile quando si lavora con il cannello a gas. Per contro, quando piove molto non è possibile isolare e impermeabilizzare. «L’alchimia all’interno del team dev’essere giusta. Sembra un luogo comune, ma è estremamente importante», ribadisce Siegenthaler. «Cerchiamo sempre di aiutarci l’un l’altro, solo allora tutti stanno bene».
Molte delle fasi del processo descritte sono essenziali per la certificazione con il marchio SNBS platino. La sostenibilità sociale, ecologica ed economica si riflette in miglioramenti quali l’efficienza dei materiali, la longevità o la riduzione degli spostamenti di camion nel quartiere grazie alla pianificazione ottimizzata del processo.
Patricia Bürgi della CSD Ingenieure AG è specializzata in sostenibilità. Controlla che i criteri SNBS siano rispettati per l’edificio D e che i lavori siano eseguiti in conformità al bando di gara. È interessata a «un rivestimento di facciata di buona qualità», affinché l’edificio duri nel tempo con poca manutenzione. Una buona qualità si ottiene quando gli elementi della costruzione sono facili da separare, quando sono possibili interventi di rinnovo strato per strato e la facciata ventilata attraverso la sottostruttura favorisce un buon clima all’interno dell’edificio. Se le lastre in pietra sono libere di dilatarsi senza problemi, non si verificano danni causati ad esempio da microfessure. Nell’edificio D sono fissate con perni in acciaio inossidabile. Grazie al giunto di espansione e rotazione, la pietra è meno suscettibile alla rottura. In caso di rottura, si possono sostituire le singole lastre.
Anche lo spessore del materiale è un criterio di sostenibilità. Meno materiale è necessario, meglio è. Quindi non si potrebbe usare anche un materiale più leggero? La risposta è no. La pietra naturale presenta grandi vantaggi dal punto di vista della fisica della costruzione (si veda l’intervista a Elias Röthlisberger a pagina 13). E sarebbe difficile inserire nel complesso esistente una facciata dall’aspetto diverso. E poi, naturalmente, il materiale stesso è ecologico: la pietra è un prodotto naturale. La sua sostenibilità dipende dal tragitto di trasporto e dal grado di lavorazione. In futuro si punterà ancora di più sulla costruzione con risorse locali, per ridurre al minimo le distanze di trasporto. Per l’edificio D non c’era pietra di qualità e bontà simile che potesse essere estratta in Svizzera. Il pianificatore Michael Stedtler conferma: «La pietra ha un ottimo aspetto estetico, non richiede manutenzione e ha una lunga durata di vita».
La lavorazione viene eseguita come previsto. «Ritengo importante che siano utilizzati i materiali giusti: nessun inquinamento dell’aria interna, pitture anti-intemperie e antigraffiti prive di biocidi», afferma Patricia Bürgi.
Della facciata fa parte anche il tetto. È la faccia rivolta verso il cielo. Nell’edificio D coprono il cortile interno ampi lucernari formati da travi in lamiera d’acciaio saldate a forma di piramide in cui sono installati oltre 600 metri quadrati di vetro su una lunghezza di quasi 80 metri. Attraverso di essi l’atrio viene illuminato dalla luce solare. Senza far passare il calore e senza compromettere l’efficienza energetica, l’ambiente naturale rimane tangibile con il cielo e la luce. Le impalcature della facciata potranno essere rimosse nell’ottobre 2024, quando la pietra miliare «facciata» sarà stata completata e l’edificio D si presenterà per la prima volta nella sua veste efficiente, robusta e naturale.
Abbiamo diviso le varie mansioni e ci sosteniamo a vicenda. Peter è responsabile dei lavori svolti all’esterno, sorveglia i lavori sul tetto e sulla facciata. Io monitoro i lavori di piastrellatura, di sigillatura dei giunti, di tinteggiatura e di gessatura. In questi ambiti so il fatto mio.
Ho assolto un apprendistato di pittore di tre anni presso un’azienda specializzata in pittura e gessatura e ho quindi lavorato in vari cantieri edili. Poi volevo conoscere il lato amministrativo del settore delle costruzioni e ho completato una formazione di impiegato di commercio presso l’Ufficio federale delle costruzioni e della logistica (UFCL). È una bella coincidenza lavorare in un cantiere dell’UFCL.
Esatto, mi piace assumermi responsabilità e trovo estremamente soddisfacente creare qualcosa nel mondo, costruire un edificio, modificare un ambiente. Ciò che costruiamo lascia un segno in una strada o in un intero quartiere e resta per anni. Noi lavoriamo in squadra, ci scambiamo con molte persone e creiamo insieme. E più in là potrò anche dirigere i lavori: non vedo l’ora!
Moltissimo. Conosco il lavoro in cantiere. Capisco gli artigiani e so valutarne il lavoro.
Ogni volta che qualcosa non mi è chiaro chiedo sempre delucidazioni a colui che sta eseguendo il lavoro. Lo accompagno e guardo come fa. Se devo svolgere una mansione e sviluppare una soluzione adeguata, gli chiedo consiglio. Così so se ho azzeccato la strada giusta.
Prima di poter installare le lastre levigate in pietra calcarea di Dietfurt sulla facciata dell’edificio D, è necessario un laborioso processo di produzione. L’azienda a conduzione familiare Hofmann Naturstein (Gamburg, Germania) è specializzata nella lavorazione di pietra calcarea, pietra arenaria e graniti. Estrae il materiale naturale dalla cava della società Franken-Schotter, un consorzio di cinque aziende, a Dietfurt.
Nella primavera del 2023 alcuni rappresentanti della Aebi & Vincent Architekten, della società specializzata in progettazione di facciate Fahrni AG e il progettista di facciate Michael Stedtler hanno visitato la cava e la produzione. Hanno esaminato sul posto i trattamenti superficiali delle pietre nello stabilimento. Fasi di trattamento come la molatura, la spazzolatura, la segagione, l’idrosabbiatura o la levigatura a disco conferiscono al materiale aspetti diversi.
La pietra è un prodotto naturale. La pietra calcarea scelta per la facciata risale geologicamente a circa 150 milioni di anni fa nel cosiddetto Giurassico bianco. Nella cava è stato scelto lo strato 17 di 40 strati di roccia complessivi.
La campionatura dei materiali è parte dei complessi processi di progettazione e realizzazione. Nel complesso aziendale della Fahrni AG a Lyss Hanspeter Winkler, rappresentante del committente e responsabile del management di progetto presso l’UFCL, Dieter Buri e Nadja Bützer del pianificatore generale Aebi & Vincent Architekten insieme al progettista di facciate Michael Stedtler e a Simon von Sonnenberg, responsabile del progetto presso la Fahrni AG, decidono davanti a un campione in grandezza naturale in merito alla vetratura, ai profilati metallici delle finestre, al loro colore, alle tende oscuranti e alla lavorazione superficiale della pietra calcarea di Dietfurt.
In base al campione è possibile anche comprendere come risolvere i dettagli dell’intera facciata: protezione antigraffiti, malta per giunti, progettazione e montaggio delle lastre, sostituzione delle tende oscuranti. In linea di massima, per l’edificio D ci si attiene alle decisioni prese nella prima fase di costruzione, a meno che non ci siano potenziali di miglioramento. Il trattamento superficiale della pietra – sabbiatura a disco, vedi foto in alto, pilastro al centro – è rimasto invariato. «Questa lavorazione è assolutamente convincente», dice Hanspeter Winkler, «è bella, autentica nel materiale e rafforza la solidità dell’insieme degli edifici in Guisanplatz».
È molto longeva. La longevità è data dalla sua struttura e dai materiali. La pietra offre una buona protezione dalle intemperie e dagli influssi fisici sull’involucro esterno e, dunque, sullo strato isolante, oltre ad accumulare tanto calore grazie alle grandi dimensioni delle lastre. Tanto per fare un confronto, una facciata compatta costituita da muratura, isolamento e intonaco esterno può essere danneggiata da influssi fisici e il sistema in quanto tale può risultare disturbato se l’umidità penetra dietro all’intonaco esterno. Un sistema ventilato è più robusto.
Il calore trova sempre una via verso il freddo. Di solito, d’estate passa dall’esterno all’interno e d’inverno fa il percorso inverso. Le lastre in pietra dell’edificio D sono agganciate a una sottostruttura in alluminio che attraversa lo strato isolante ed è fissata direttamente alla struttura dello scheletro in calcestruzzo armato. Questi collegamenti devono essere ben disaccoppiati termicamente affinché non si formino ponti termici. Le finestre sono i «buchi» nella coibentazione. Il loro coefficiente di coibentazione termica (coefficiente U) è molto buono: 0.8 – 0.9 W/m2*K. A confronto delle finestre, la facciata ha però un coefficiente U di 0.15 W/m2*K ossia sei volte migliore. Il calore che entra nell‘edificio attraverso le finestre viene assorbito dalle pareti in calcestruzzo a vista all’interno. Di conseguenza viene rallentato il riscaldamento degli ambienti interni. Il calore accumulato nelle pareti viene rilasciato nell’ambiente interno di notte, man mano che si raffresca. In tal modo le oscillazioni di temperatura si riducono grazie alle masse di accumulo.
Esatto. Si deve voler raggiungere questi elevati requisiti, visto che la certificazione Minergie P è facoltativa. Con 17,4 chilowattora al metro quadrato, il valore limite per il fabbisogno termico per il riscaldamento di questo edificio è del 25 per cento inferiore ai requisiti cantonali. Solo con un involucro edilizio a tenuta d’aria e ben coibentato è possibile raggiungere la massima efficienza energetica e un clima interno ottimale. Questo significa però anche che sono necessari fino a 24 cm di spessore isolante per ottenere coefficienti U talmente bassi.
Ovunque si incontrino materiali diversi è importante separarli termicamente isolandoli in modo da impedire il raffreddamento localizzato. Anche la tenuta d’aria è di fondamentale importanza. Ad esempio in prossimità del passaggio dalle finestre in alluminio alla facciata oppure anche tra la sottostruttura in alluminio e la struttura in calcestruzzo. Se non vi si presta attenzione, la superficie delle pareti interne può raffreddarsi eccessivamente, favorendo la formazione di condensa e causando danni alla costruzione. Anche i giunti non a tenuta possono causare raffreddamenti localizzati.
Sta diventando tendenzialmente più caldo. Il raffrescamento degli ambienti interni diventa quindi sempre più importante. Ritengo pertanto che in futuro ci si debba concentrare di più sulla produzione di energia propria per il raffrescamento dell’edificio e meno sulla coibentazione, che in fase di produzione ha un elevato fabbisogno energetico. L’edificio D è frutto di un progetto orientato al futuro che combina la regolazione termica con l’approvvigionamento di energia a lungo termine: un grande impianto fotovoltaico sul tetto, lo sfruttamento di energia geotermica tramite le fondamenta con pali trivellati, un raffrescamento efficiente mediante solai raffrescanti (maggiori informazioni si trovano nel Bollettino D No 7 - 2023 «Concept energetico & impiantistica») e 3000 metri quadrati di superficie in pietra. Questa enorme massa è ideale per proteggere dal rumore, oltre a essere un importante elemento di termoregolazione.
«Il mio team ed io montiamo la sottostruttura. Prima di poter iniziare, misuro l’intera costruzione. Soltanto allora so se possiamo agganciare come previsto gli elementi prefabbricati. Se l’impresario costruttore ha spostato l’edificio di tre centimetri, io devo ripensare la mia struttura perché non posso ritagliare nulla dall’edificio. Su una lunghezza di 30 metri abbiamo al massimo due millimetri di tolleranza. Questo lavoro preliminare è dunque importante. Una volta che tutto collima, è un po’ come giocare ai mattoncini: basta agganciare gli elementi alla sottostruttura.
In qualità di capo montatore della K2 Montagen di Glattfelden organizzo il lavoro in modo che il mio team possa procedere senza intoppi. Ma se mi resta del tempo, mi piace mettervi mano anch’io. Ho imparato il mestiere di conducente di camion, poi ho fatto un apprendistato di falegname e a Winterthur ho trasformato dei container in alloggi d’emergenza. Ora lavoro da dieci anni come montatore di facciate. Mi piace il fatto che il nostro lavoro è in quota. Ogni edificio ha uno specifico piano di montaggio. Ci sono sempre problemi diversi da risolvere per potere lavorare in modo efficiente.
La sera stacchiamo alle 19. Per me è troppo distante tornare a casa dopo il lavoro perché abito a Rheinau nella regione vitivinicola di Zurigo. Resto in albergo. Faccio una doccia, mi bevo una birretta al bar dell’albergo e passo in rassegna la giornata in tutta calma. Trascorro l’intera giornata insieme ai colleghi in cantiere.
Dalla metà di agosto mi occuperò di un nuovo progetto a Zurigo. Nessun disappunto, perché lascio Berna dopo tre anni trascorsi a lavorare a vari progetti. Nel mio lavoro è così: un giorno sono qui e un altro là.
Per saperne di più: www.orientamento.ch
Gli alunni e i loro insegnanti possono visitare il cantiere e sperimentare varie professioni in loco: maggiori informazioni
Il 19 e il 20 giugno 2024 tre montatori e un conduttore di macchine operatrici hanno smontato la gru alta 65 metri. Il segno ben visibile del cantiere è scomparso. D’ora in poi la logistica del cantiere dovrà fare a meno del grande aiutante. Il video mostra il lavoro svolto dagli impavidi arrampicatori.